Per due anni Ederson è stato il cuore, che dire, l’anima, dell’Atalanta: quel centrocampista che accorciava, costruiva, recuperava e dava ritmo a una squadra che spesso si appoggiava più a lui che al sistema. Oltre 8mila minuti giocati con la casacca nerazzurra raccontano quanto fosse diventato imprescindibile, al punto da attirare l’interesse di mezza Europa e da spingere la società a chiedere 70 milioni di euro per non lasciarlo partire. In molti, all’alba dell’estate, avrebbero firmato per trattenere almeno lui del trio Ederson-Lookman-Retegui.

Il problema è che questa stagione non ha ancora visto il vero Ederson. L’infortunio al menisco lo ha tolto di mezzo per un mese, ma il rientro è stato ancora più complicato: lento, impreciso, quasi ingabbiato. Con Ivan Juric, prima dell’esonero, il brasiliano era rimasto intrappolato in un sistema che chiedeva molta rigidità tattica e poca libertà interpretativa, il contrario di ciò che aveva reso Ederson dominante negli ultimi due anni. Il risultato è stato un giocatore spento, appannato, lontano parente di quello che illuminava la mediana.

In questo quadro si inseriscono perfettamente le recenti parole di Walter Sabatini, l’uomo che più di tutti ha creduto in lui quando lo portò in Italia nel 2022 pagandolo appena cinque milioni dal Corinthians. Il suo giudizio sulla stagione del suo pupillo è netto: “A vedere giocare Ederson sembra di vedere giocare il cugino: ha perso lo slancio. È monocorde e non capisco quel che gli succede. Invece sappiamo che non è un giocatore normale, lo hanno cercato ovunque. Credo che Ederson sia un po’ la fotografia dell’Atalanta”.

Per questo l’arrivo di Raffaele Palladino può essere un punto di svolta. Il nuovo tecnico ha infatti sempre costruito il suo gioco sulla qualità dei centrocampisti, sulla capacità di rompere le linee, accelerare, cambiare ritmo. È un contesto che può restituire identità, coraggio e campo a un giocatore che vive di letture e di energia, non di schemi rigidi. Sarà uno dei reparti chiave della nuova Atalanta, e molto passerà proprio dai piedi - e dalle gambe - di Ederson.

Se oggi Ederson è davvero “la fotografia dell’Atalanta”, come dice Sabatini, allora il suo rilancio non è un dettaglio: è la chiave per cambiare l’immagine della squadra stessa. Perché se quel giocatore “non normale”, cercato ovunque, torna a muoversi con lo slancio che ha perso, allora anche la Dea ritroverà un’identità che negli ultimi mesi si è sbiadita. Palladino lo sa. Ederson pure.

Sezione: Primo piano / Data: Dom 16 novembre 2025 alle 10:46
Autore: Redazione
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