Più fiducia, e più rispetto: è questo ciò che merita Ivan Juric dal mondo Atalanta. L’accoglienza riservata al tecnico croato, sin dal momento del suo approdo, è stata tutt’altro che calorosa: il peso del paragone con il predecessore, Gian Piero Gasperini, mixato allo scetticismo generale della piazza (e anche alle parecchie perplessità degli addetti ai lavori), non ha certo creato un terreno fertile. Eppure Juric, con la sua lucidità, la sua trasparenza, la sua dedizione e la sua cultura del lavoro, nonostante le critiche e gli insulti, ha fatto capire subito di essere completamente immerso nel progetto nerazzurro. Al 100%.
D’altra parte, nessuno poteva illudersi che raccogliere l’eredità di Gasp fosse un compito semplice. Gasp è stato l’autore di una delle pagine più belle della storia della Dea. E Juric, ad una nostra domanda nella conferenza pre-Toro, lo ha riconosciuto apertamente: guidare, oggi, l’Atalanta non è come ricominciare da zero, come accaduto invece a Verona e Torino. A Zingonia bisogna saper modellare la propria idea di calcio rispettando quanto di grande è stato fatto, senza strappi, ma con la pazienza di chi sa che il futuro non si costruisce negando il passato.
I primi passi della sua avventura non hanno cancellato i dubbi, anzi. I due pareggi contro Pisa e Parma non hanno certo contribuito a sciogliere lo scetticismo iniziale, e la pesante - pesantissima - sconfitta di Parigi in Champions ha fatto il resto. Ma sarebbe troppo semplice fermarsi lì: le (larghe) vittorie con Lecce (4-1) prima e Torino (3-0) poi hanno invece mostrato un’Atalanta diversa, più solida, capace di compattarsi nei momenti chiave. Anche se, come detto da lui stesso rispondendo sempre alla nostra domanda, la squadra non è ancora quella che ha in mente.
Ora, però, il calendario non concede tregua. All’orizzonte c’è un trittico che orienterà la stagione: prima la trasferta con la Juve, poi il primo vero crocevia europeo contro il Bruges e infine la sfida (molto) insidiosa con il Como di Fabregas. Tre prove ravvicinate prima della sosta che, come detto, diranno molto del prosieguo. Ecco perché, più che mai, serve l’appoggio della piazza. La squadra di Juric non è - e forse non sarà mai - quella spettacolare e travolgente di Gasp. Ma è una squadra che difende meglio, che combatte con compattezza, che a tratti sa accendere la partita con giocate spumeggianti e che soprattutto resta ancorata ai piani alti della classifica, lì dove aveva chiuso la scorsa stagione.
In più, ora bisognerà anche fare i conti con gli infortuni, che sono tanti e pesanti. Toccherà quindi al tecnico inventarsi soluzioni e trovare equilibrio in mezzo alle emergenze. Ma, detto ciò, non si può ridurre tutto a un confronto sterile con il passato o a giudizi sommari dopo ogni singolo risultato. Oggi Juric ha bisogno di una cosa semplice e al tempo stesso difficile: fiducia. Fiducia nella continuità del lavoro, fiducia nella sue capacità di guidare questa transizione senza smarrire l’identità del club. Perché il presente è già competitivo, e il futuro, se lasciato crescere senza pressioni ingiuste, può ancora riservare soddisfazioni importanti…
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