Con il pareggio tra Pisa e Lazio (0-0) si è chiusa la nona giornata di Serie A. Siamo arrivati praticamente a un quarto del campionato: se fosse una maratona, potremmo dire di essere circa ai 10 chilometri dei 42 totali.
Premessa necessaria: la stagione è ancora lunghissima. I km che separano dal traguardo sono tanti. Ma a questo punto è inevitabile un primo bilancio. E, in campionato, il bilancio dell’Atalanta di Ivan Juric è amaro: sette pareggi e due vittorie in nove partite. Imbattuta, sì, ma con una limitata capacità di tradurre le prestazioni - spesso buone e talvolta condizionate anche da un pizzico di sfortuna - e le tante occasioni in vittorie.
Tornando alla metafora della maratona, i primi quattro corridori (Napoli, Roma, Inter e Milan), arrivati a questo punto, hanno già guadagnato parecchi metri di vantaggio dalla Dea. L’Atalanta, ferma al nono posto insieme al Sassuolo, ha quasi perso il contatto visivo. Cinque punti di distacco alla nona giornata, sono infatti già un margine importante. E rischia di diventarlo ancor di più se non arriverà presto un cambio di passo deciso, a partire dalle prossime due partite (Udinese in trasferta e Sassuolo in casa) che saranno fondamentali per restare vicino ai leader.
E in una maratona in cui l’Atalanta è già costretta a rincorrere, le parole di Yunus Musah hanno aggiunto ulteriore pressione. Lo statunitense ha infatti urlato in una piazza silente l’obiettivo stagionale: conquistare il quarto posto e addirittura cercare di migliorare il terzo dello scorso anno. Parole pesanti, perché mai - fino a oggi - né la società, né Juric, né i compagni avevano esposto così apertamente le ambizioni del club, limitandosi fin qui a parlare di “mantenere il livello”. Ma il livello, in fondo, ricordiamolo, varia anche in base agli altri. Un concetto che, quindi, detto così, può significare tutto e niente.
Alle porte di novembre, però, la classifica racconta tutt’altro rispetto all’obiettivo fissato dallo statunitense. Ecco perché le parole dell’ad Luca Percassi, che prima del Milan aveva invitato alla “pazienza” per questa “nuova era”, suonano oggi ancora più delicate. Un concetto comprensibile sì, ma che non può durare all’infinito: la pazienza, se l’obiettivo è tornare in Champions, ha un limite.
Ed è qui che si misura anche il lavoro di Juric, scelto non per ricominciare da capo, ma per dare continuità al percorso lasciato da Gasp, accorciando il più possibile i tempi di adattamento. L’obiettivo era quello di restare competitivi, senza scosse, ma in una maratona dove i primi hanno già preso vantaggio, il tempo per trasformare la costruzione in risultati comincia ad essere meno. E dopo la sosta, inevitabilmente, anche i (nostri) giudizi inizieranno a farsi più pesanti.
Autore: Nicholas Reitano / Twitter: @NicoReitano
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