Cristiano Doni ha rilasciato un'intervista a La Gazzetta dello Sport parlando del suo legame con l'Atalanta e con Bergamo e della vicenda calcioscommesse che lo vide coinvolto. Vediamo i passaggi più interessanti. 

Sulla scelta di restare all'Atalanta - "Mi è mancata la grande squadra? No, nessun rimpianto. Potevo andare alla Juve, ma l’Atalanta chiese troppo e in fondo ne fui felice, volevo restare a Bergamo. Poi la Roma: Spalletti mi voleva come vice-Totti, mi chiamava Pradé e mi faceva ascoltare il jingle della Champions: 'Ti piace?'. Avevo già 34 anni, risposi: 'Grazie, ma no, rimango all’Atalanta'". 

Sul calcioscommesse e il legame con Bergamo - "Dicono che il tempo è galantuomo, all’inizio sei così arrabbiato che non ci credi, ma poi scopri che è la verità. Mi hanno messo un’etichetta, ma non era la mia. I carabinieri all’alba a casa, i cinque giorni in prigione, le prime pagine dei giornali. È crollato tutto, sono diventato il capro espiatorio, oggi so cosa significa finire nella macchina del fango. Ne sono uscito traumatizzato, ma ciò che non uccide fortifica, si dice così, giusto? Per la maglia dell’Atalanta ho sputato sangue, eppure tutto mi si ritorceva contro. Oggi a Bergamo la gente mi vuole bene, questo è quello che resta. Sono stato condannato per due partite, Crotone-Atalanta, dove ho segnato un gol all’incrocio dei pali, e Atalanta-Piacenza: sì, sapevo che quelli del Piacenza vendevano le partite, l’ho accettato, tutto lì, sono stato uno stupido". 

Sulla sua vita oggi - "Tifo Atalanta, seguo tutto, ma con la giusta distanza. Ho una figlia di 22 anni e un figlio di 12 che gioca a pallone, il suo idolo è il Papu Gomez. È nato quando non vedevo la luce, mi ha salvato. No, non gli faccio vedere i miei gol, troverà la sua strada da solo, spero soltanto che sia felice". 

Qui l'intervista completa

Sezione: Primo piano / Data: Mer 03 settembre 2025 alle 10:13
Autore: Redazione
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