Walter Sabatini, ex direttore sportivo della Salernitana, è stato intervistato dai colleghi della Gazzetta dello Sport, dove ha parlato dell’acquisto di Ederson, oggi centrocampista e colonna portante dell’Atalanta, ai tempi del club granata. Ecco, di seguito, le sue dichiarazioni.

Cosa la convinse ad investire su Ederson?
“Una giocata. Tanto bastò per stregarmi. Uno stop a seguire fatto in mezzo a due avversari e la corsa conseguente per andare a recuperare la palla. Uno strappo molto indirizzato e verticale e una corsa bruciante per arrivare primo sul pallone. Sensibilità nello stop e velocità nell’attacco. Pensai subito che potesse diventare un giocatore importante, come sempre mi capita quando prendo - o sarebbe il caso di dire prendevo - un giocatore. A me non esalta la normalità, voglio qualcosa di speciale e in quel caso lo vidi”.

Il brasiliano contribuì ad un miracolo...
“Dopo averlo visto feci un’indagine circa la sua vita personale, più che sportiva perché quella l’avevo seguita. Avevo fretta di portarlo a Salerno perché la situazione era molto complicata. Poi centrammo la salvezza, ma in quel momento tutti ci davano già per retrocessi. Ederson mi serviva immediatamente per dare un impulso al centrocampo. E lui, puntualmente, lo fece”. 

Quanto costò alla Salernitana?
“In quel caso fu bravo Iervolino, perché per strapparlo al Corinthias spendemmo 6,5 milioni: una cifra contenuta, ma in quel momento la Salernitana era virtualmente retrocessa. Un presidente che investe in quelle condizioni è singolare, mica facile da trovare. E invece lui diede l'ok all’operazione e portammo Ederson subito a Salerno, immediatamente al centro della squadra. A conferma delle qualità che avevo intravisto”. 

Poi la cessione all'Atalanta...
“È diventato importante oggi. Gasperini lo ha letteralmente forgiato in tutti gli aspetti complementari: tattica, recupero palla, marcatura. Tante cose che lui non aveva nel suo bagaglio spontaneo perché i brasiliani sono tutti indistintamente predisposti al ‘Ginga’, il tipico gioco della generazione di Pelé che è rimasto come codice per tutti i ragazzini. Comporta affinità nel contatto con la palla ma anche una sorta di pigrizia nella fase di non possesso. In questo è stato bravo Gasp: Ederson è diventato un uomo squadra”. 

Come vedrebbe il suo arrivo all'Inter?
“Ci sono calciatori che possono giocare ovunque. Per giocare nell’Inter devi essere particolarmente bravo, ed Ederson lo è. Lo vedrei molto bene, anche perché Chivu è un allenatore preparato con la conoscenza del calcio giocato, in grado di trasferire i giusti concetti ai giocatori. E le grandi squadre assorbono i calciatori bravi con facilità. Ma non mi spingo oltre sull’operazione: sono un dirigente, non un opinionista. Parlare diventa spesso un disturbo per tutti”. 

Lontano da riflettori che ragazzo è?  
“Fuori dal campo è molto legato alla famiglia, non è uno che va alla ricerca di vita notturna o cose stravaganti. Nei comportamenti è molto lineare. E lo è anche in campo, tutti i giorni durante tutti gli allenamenti. A Salerno io mi intrattenevo con lui al termine di ogni sessione per fargli capire cosa aveva fatto bene o male. È molto applicato, molto ‘europeo’ da quel punto di vista”.

Sezione: Primo piano / Data: Mer 09 luglio 2025 alle 11:09
Autore: Redazione
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