Che Tony D'Amico, il direttore sportivo dell'Atalanta, non sia uomo da riflettori è cosa nota. Da sempre preferisce agire dietro le quinte e lasciare agli altri l'onore e l'onore di apparire. Per intenderci, l'ultima volta che si è visto davanti alla telecamere in occasione di una partita di campionato della Dea è stata col Pisa, lo scorso 24 agosto.

Allo stesso tempo, quello del ds è un ruolo strategico e centrale in una società calcistica e, nei momenti più delicati, la sua presenza è fondamentale. Non solo nello spogliatoio, ma anche davanti ai tifosi. E la sconfitta contro l'Udinese è uno di quei momenti. Un ko destinato a lasciare strascichi e che certifica, non tanto per il risultato quanto per la prestazione, la crisi nerazzurra. Per questo in molti avrebbero apprezzato sentir parlare D'Amico dopo il triplice fischio, avrebbero voluto che il ds nerazzurro ci mettesse la faccia. 

Avrebbe potuto farlo per difendere Ivan Juric, ma anche per dare una scossa alla squadra, apparsa spenta e disorientata. Avrebbe potuto farlo anche soltanto per tranquillizzare i tifosi, che al netto delle polemiche social hanno ancora una volta applaudito la squadra a fine gara, ma sono ormai al limite della sopportazione. Per uscire da questo momento c'è bisogno di tutti, anche di D'Amico. Sentirlo parlare avrebbe aiutato. Così non è stato ed è un vero peccato

Sezione: Primo piano / Data: Sab 01 novembre 2025 alle 20:03
Autore: Gianluca Pirovano
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