Sgomberiamo subito il campo da questo pensiero: l'Atalanta non era perfetta prima e non è inguardabile ora. La sconfitta di Verona, però, è un brusco risveglio dopo giorni di serenità ed entusiasmo. Una doccia gelata che fa male non tanto per il risultato, ma molto di più per l'atteggiamento del gruppo. 

Al Bentegodi la Dea è stata tutto quello che non deve essere una squadra che ha l'ambizione di risalire la classifica: superficiale, distratta, supponente, molle. Lo ha ammesso anche Palladino, che è stato bravo a spostare l'attenzione dall'episodio del rigore negato alle carenze dei suoi ragazzi. "Abbiamo sbagliato l’atteggiamento, lo spirito. Non abbiamo capito che partita poteva essere. Eppure non avevo avuto segnali, in settimana e nella rifinitura, non me lo spiego. Probabilmente è colpa mia, che non ho alzato di più l’attenzione", ha detto dopo il triplice fischio

I primi due gol subiti, d'altronde, sono la fotografia dell'approccio nerazzurro. Entrambi evitabili, entrambi frutto di un atteggiamento passivo di fronte, di contro, alla garra di un Verona che ha avuto più fame, che ha voluto e meritato i tre punti. Ed è proprio questo il fulcro di tutto il discorso. Nessuno si aspettava di arrivare a fine stagione senza sconfitte, ma tutti speravano di essersi lasciati definitivamente alle spalle l'Atalanta di questi primi mesi di stagione, spenta e priva di quella rabbia, di quella voglia di aggredire la partita, che sono state il marchio di fabbrica di un ciclo storico. La nebbia del Bentegodi, invece, ha restituito vecchi dubbi, paure che sembravano superate

Che sia una stagione di transizione appare evidente. Che Palladino possa essere l'uomo giusto per costruire un nuovo ciclo è l'augurio che si fanno tutti. Che la squadra non regali più una notte come quella di Verona è, invece, necessario. Perché perdere fa parte del gioco, ma farlo così fa male. E i bonus, per questa stagione, sono ormai ampiamente esauriti.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 07 dicembre 2025 alle 11:39
Autore: Gianluca Pirovano
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