di Gianluca Pirovano 30 Giu 2024 11:34
Finalmente è finito questo strazio. L'Italia è stata eliminata dagli Europei al termine di una prestazione imbarazzante contro una Svizzera superiore in tutto. A lasciare basiti, in questo zoppiccante percorso azzurro, non è tanto la pochezza tecnica dell'intera squadra, ma soprattutto il costante senso di improvvisazione che ha avvolto l'intera spedizione. Moduli e interpreti cambiati in continuazione, comunicazione approssimativa, poche idee e ben confuse.
A farne le spese, tra gli altri, è stato Gianluca Scamacca. Su di lui, infatti, si sono addensate per tutto l'Europeo grandi nubi nere, fatte di critiche e pressione. La colpa? Inutile nascondersi, è di Luciano Spalletti. È stato il commissario tecnico ad addossare sull'attaccante dell'Atalanta responsabilità non sue. Lo ha fatto punzecchiandolo a ogni conferenza stampa e non tutelandolo di fronte alle critiche di molti personaggi del mondo del calcio.
Certo, qualcuno potrebbe obiettare e dire che Scamacca è "grande e vaccinato" e non ha bisogno di qualcuno che lo difenda. Nel calcio però, come in molti aspetti della vita, è il contesto a fare la differenza e l'Europeo andato in archivio lo ha dimostrato: la Nazionale non è l'Atalanta e Scamacca non è mai sembrato a suo agio, non riuscendo ad esprimersi al meglio.
Non lo diciamo solo noi. "Io sto con Donnarumma quando dice che non siamo questi. Lì c’è gente che ha fatto finali di Champions ed Europa League. È il contesto, bisognava mettere i giocatori nella condizione di dare il massimo", ha detto Beppe Bergomi al termine del ko con la Svizzera. Un contesto che non ha aiutato per nulla Scamacca. Non soltanto a causa della gestione comunicativa, ma anche dal punto di vista tecnico. In quattro partite, i palloni giocabili giunti sui piedi dell'attaccante della Dea si contano sulle dita di una mano. Non solo: l'impressione è sempre stata quella del più totale abbandono. Centrocampo distante, nessun supporto. Risultato? Soffocato dalle difese avversarie. E per un giocatore tanto bravo ad esaltarsi, nel giusto contesto, quanto a spegnersi nelle giornate "no", è stata la fine.
Ora, sgomberiamo il campo dai possibili dubbi: anche Gianluca ha le sue responsabilità. È sembrato spento, come gran parte dei suoi compagni, senza lo stesso fuoco visto in questa stagione con la maglia nerazzurra. E quelle poche volte che ha avuto la possibilità di pungere, non ha saputo essere letale, vedi il palo contro la Svizzera. Scamacca, quindi, ha ancora grandi margini di crescita e deve lavorare sia sul piano tecnico sia, soprattutto, su quello mentale. Questa, però, non è una sorpresa. Stiamo comunque parlando di un classe 1999. A lasciare perplessi è, come già detto, la sua gestione, così diversa da quella vista a Bergamo. Il Gasp, anche in questo caso, si è dimostrato un maestro. Bastone, almeno all'inizio, ma anche tante carote, quando è arrivato il momento. E, soprattutto, mai un carico di responsabilità troppo alto sulle spalle del ragazzo, che ha avuto la pazienza di aspettare e che ha visto esplodere nel momento decisivo della stagione. Tutto il contrario di quanto fatto da Luciano Spalletti.
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