di Gianluca Pirovano 15 Ago 2024 18:10
Se qualche anno fa avessero detto a un tifoso dell’Atalanta che di lì a poco tempo, in una calda notte d’estate, la Dea avrebbe conteso la Supercoppa Europea al Real Madrid con ogni probabilità ne avrebbe riso. E, forse, avrebbe messo quel sogno nel cassetto accanto a tanti altri. Quello di veder alzare un trofeo, per esempio. O quello di giocare la Champions League. Tutti sogni diventati realtà, grazie a una società seria, ma anche e forse soprattutto grazie a un uomo nato a Grugliasco che ha trasformato l’Atalanta in una grande del calcio europeo.
Normale, allora, che il primo sentimento dopo il triplice fischio di ieri sera fosse l’orgoglio. L’orgoglio di una città arrivata sulla bocca di tutti grazie alla sua Atalanta. L’orgoglio di una squadra, che come sempre ha reagito alla grande alle difficoltà. E l’orgoglio della sua gente, racchiuso nell’abbraccio sotto la curva a fine gara. Passato un po’ di tempo, smaltita l’emozione, l’orgoglio ha lasciato spazio anche a qualche rimpianto. Lo si è visto nelle parole del Gasp: “Abbiamo perso una bella opportunità per come si era messa la partita. C'era la possibilità di andare in vantaggio che è fondamentale, bisogna essere più cinici e qualitativi. Resta una bellissima esperienza, ma valgono di più quando vinci”. Lo ha ribadito anche Zappacosta: “Ci tenevamo a giocarcela alla pari. Ci siamo riusciti per 60 minuti, poi quando siamo calati e sono riusciti a vincerla. Un vero peccato: abbiamo provato a segnare, ma non ci siamo riusciti. Loro sono la squadra più forte al mondo. Questa Atalanta ha tenuto testa al Real Madrid: abbiamo tanto rammarico perché noi vogliamo sempre vincere”.
Parole che dipingono in maniera netta ciò che l’Atalanta è diventata. La mentalità acquisita dalla squadra grazie al lavoro del suo allenatore. Una squadra che vuole vincere, contro tutti, e che vuole far vedere a tutti chi è, senza mai snaturarsi. Un atteggiamento che è diventato un marchio di fabbrica e che ha portato a Gasperini e all’Atalanta il rispetto di tutto il calcio europeo. È giusto, infatti, rispettare il Real Madrid e riconoscerne la sua innegabile superiorità. È giusto, però, dire che proprio gli invincibili vestiti di bianco per sessanta minuti sono stati sullo stesso piano della Dea. In alcuni tratti l’hanno sofferta. Si sono innervositi. Sono riusciti a colpirla solo quando i ritmi si sono abbassati. “Giocare contro l'Atalanta è come andare dal dentista. I giocatori erano nervosi perché non riuscivano a fare quello che volevano, gli ho detto di pazientare perché l'Atalanta è una squadra veramente forte”, ha ammesso Ancelotti a margine della sfida, citando Pep Guardiola e concedendo all’Atalanta l’onore delle armi e un ulteriore (l’ennesimo) riconoscimento.
L’attenzione e il rispetto del Real Madrid nei confronti dell’Atalanta Ancelotti non lo ha espresso soltanto a parole, ma anche nella preparazione della gara. Se è vero, infatti, che i Blancos hanno sofferto la Dea, è altrettanto vero che nelle pieghe della gara si è vista l’attenzione con cui gli spagnoli hanno studiato i nerazzurri e hanno provato a limitarli, anche tatticamente. Con il raddoppio quasi costante su Lookman, per esempio, ma anche con un baricentro particolarmente basso per una squadra a così alta propensione offensiva. Dettagli, certo, ma che confermano come il Real temesse l’Atalanta e come abbia affrontato la sfida nel migliore dei modi. “Sono molto orgoglioso, ma ci manca sempre una virgola. A Dublino l'abbiamo messa e oggi poteva seguire la stessa striscia”, ha detto Gasp. Se la mentalità è questa, ne siamo certi, ci saranno altre occasioni per migliorare la punteggiatura.
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