di Gianluca Pirovano 6 Lug 2024 10:43
L’impressione è che possa diventare il leitmotiv di questa estate. Inutile nascondersi: in una Serie A in cui le grandi sono in affanno, l’Atalanta brilla per gestione tecnica e societaria. Normale, allora, che in tanti inizino a parlare di scudetto.
A dirlo sono in tanti, anche nomi importanti nel panorama del pallone nostrano. Lo ha detto Francesco Repice, il più noto dei radiocronisti italiani: “Stanno puntando, a fari spenti, allo step definitivo, anche senza Koopmeiners. Perché Gasperini avrebbe accettato di rimanere all'Atalanta? Per un progetto più ambizioso credo”. Lo ha detto persino Arrigo Sacchi: “Non esistono cose impossibili. In passato ci sono riusciti il Cagliari di Gigi Riva e il Verona di Bagnoli. Dalla provincia alla gloria. Perché non ce la dovrebbe fare l’Atalanta?”.
Siamo certi, nelle prossime settimane lo diranno anche altri. D’altronde, l’Atalanta, vincendo l’Europa League si è tolta di dosso l’etichetta della provinciale che non sa vincere. Bella, ma incompleta. E, agli occhi di molti, ha fatto il salto definitivo.
Il presidente da qualche tempo non parla più di obiettivo salvezza, come accaduto per anni, ma il pragmatismo dei Percassi resta. “Siamo una medio-piccola, essere riusciti a tornare in Champions League è un qualcosa di straordinario Sognare non costa nulla, ma dobbiamo essere molto ben consapevoli che quello che abbiamo conquistato lo abbiamo conquistato con grande lavoro. Non abbiamo mai annunciato nessuno dei risultati che poi siamo riusciti ad ottenere, se non quello di fare il meglio per questa società”, ha detto Luca solo un mese fa.
Difficile dargli torto. E difficile, allo stesso tempo, pensare che la domanda “l’Atalanta è da scudetto?” sia quella giusta da porsi. Il problema, al massimo, sarà degli altri, che all’Atalanta guardano con preoccupazione, per i suoi risultati, per la gestione oculata, per la sensazione costante che possa erodere il loro strapotere da giganti con i piedi d’argilla. A Bergamo nessuno chiede lo scudetto, al massimo qualcuno lo sogna. Non più di qualcuno, però, perché pur essendo la Bergamo del pallone luogo di sconfinato amore e facili entusiasmi, resta lo specchio della città che rappresenta: tanto ambiziosa quanto rispettosa. Un mattone alla volta e la casa viene su dritta.
Di certo c’è che in questi anni l’Atalanta ha cambiato la sua dimensione. Sul campo, chiaro, ma anche nella gestione. L’operazione Zaniolo non è che l’ultima dimostrazione di questo cambiamento, sia per la forte volontà del giocatore di scegliere Bergamo, vista oggi come un luogo perfetto in cui poter fare calcio, sia per la bravura di chi ha condotto la trattativa, in grado di chiudere alle condizioni che l’Atalanta ha sempre avuto in mente. La Dea, oggi, è una grande del calcio italiano, ma non ha dimenticato, nemmeno per un secondo, da dove arriva.
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